CODICE DEONTOLOGICO PROCEDIMENTI DISCIPLINARI

PROCEDIMENTI DISCIPLINARI

AZIONE DISCIPLINARE
L'azione disciplinare può trarre origine dal ricorso delle parti che vi abbiano interesse, su richiesta del Pubblico Ministero o comunque d'ufficio in seguito a notizie di abusi e mancanze, avute anche in via occasionale come ad esempio tramite la stampa, commessi dagli/lle iscritti/e nell'esercizio della professione (art. 43 R.D. n. 2537/25). Tali mancanze o abusi devono, comunque, essere stati commessi nell'esercizio della professione, cioè a dire in occasione dell’attività professionale. Il Consiglio può, in qualsiasi momento, convocare il/la proprio/a iscritto/a per ottenere informazioni, con riserva, dopo tale intervento, di poter utilizzare e verificare in un momento successivo l’opportunità di dare corso ad un procedimento disciplinare. L'esercizio dell'azione disciplinare è soggetto alla prescrizione di 5 anni, decorrenti dal momento in cui si è verificato il fatto. Qualora, poi, si apprenda, anche occasionalmente, che a carico dell' iscritto/a sia stata adottata una sentenza di condanna, spetterà al Consiglio esperire le iniziative più opportune per verificare l'esattezza della notizia ai fini di una sua valutazione in sede disciplinare.


FASE PRELIMINARE

Il Presidente del Consiglio del Consiglio di Disciplina è il titolare del potere esercitato nella fase preliminare dell'istruttoria. Per l'esercizio di tale funzione istruttoria può essere coadiuvato da uno o più Consiglieri con espressa decisione del Consiglio. Egli deve tendere all'accertamento dei fatti e delle circostanze che costituiscono violazione alle norme deontologiche. Assumerà tutte le informazioni che reputerà opportune per lo svolgimento delle indagini stesse e, se necessario, potrà accedere ad uffici pubblici per estrazione della documentazione utile e, se del caso, ricorrendo, attraverso l'intervento del Procuratore della Repubblica, agli organi di polizia giudiziaria. In questa fase può sentire anche il professionista indagato al fine di trarre utili elementi.

CONCLUSIONE DELLA FASE PRELIMINARE 
Il Presidente del Collegio di Disciplina, verificati i fatti, valuta se i medesimi costituiscono o meno violazione di norme deontologiche. In caso negativo viene archiviato il caso; in caso positivo, convoca il Collegio e l'indagato affinchè sia udito. Nell'apposita seduta, il Collegio, su rapporto scritto od orale del Presidente, previa contestazione degli addebiti all'indagato ed uditolo in ordine ai medesimi, decide se vi sia motivo per il rinvio a giudizio disciplinare.
Della seduta deve essere stilato apposito verbale contenente le dichiarazioni rese dal Presidente, con eventuale allegazione del rapporto scritto nonché degli atti e documenti prodotti, le dichiarazioni fornite dall'indagato e dal suo difensore e/o esperto di fiducia, con eventuale allegazione degli atti e documenti prodotti. Nel caso il Collegio ravvisi l'inesistenza di fatti e circostanze disciplinarmente rilevanti, decreta non luogo a procedere.


PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Nel caso in cui il Collegio deliberi che vi sia motivo per il rinvio a giudizio disciplinare, il Presidente apre formalmente il procedimento nominando un Consigliere Relatore, al quale trasmette gli atti relativi alla fase preliminare con assegnazione di un termine entro cui produrre la relazione scritta al Collegio. Il Presidente provvede a citare, attraverso l'ufficiale Giudiziario, l'incolpato a comparire a giorno e ora fissati avanti al Collegio di Disciplina in un termine non inferiore a 15 giorni per essere sentito e per presentare eventuali documenti a suo discarico. L'atto di citazione contiene l'indicazione di: autorità procedente, professionista incolpato, fatti e circostanze contestati, norme deontologiche violate, giorno, ora e sede presso cui avrà luogo il dibattimento, facoltà di avvalersi di un'assistenza legale e/o di un esperto di fiducia. È bene ricordare che l'inosservanza del termine minimo di 15 giorni riportato sull'invito di convocazione può essere motivo di richiesta da parte del ricorrente di annullamento di tutto il procedimento. Poi, nella citazione va fatta circostanziata menzione di tutti gli addebiti da contestare e non limitarsi soltanto agli articoli delle norme di deontologia violate.

CELEBRAZIONE DEL PROCEDIMENTO
Nel giorno stabilito e indicato nel decreto di citazione si svolge la discussione in ordine ai fatti oggetto del procedimento, con precisa verbalizzazione della seduta, e con l'intervento dei vari soggetti secondo il seguente ordine:
 - Relatore
 - Incolpato, oppure
 - Assistente legale o esperto di fiducia
Terminata la discussione, il Collegio adotta subito, oppure in un secondo tempo, la decisione sul merito eventualmente anche per l'esigenza sopravvenuta di nuovi accertamenti, previa nuova convocazione dell'architetto per essere sentito dal Collegio nelle forme regolamentari. Infatti, nella normativa che regola il procedimento non è prescritta, a pena di invalidità, né la continuità della fase decisoria dopo la conclusione della discussione, né la lettura del dispositivo in
udienza. Va ricordato, poi, che per motivi di legittimi impedimenti la seduta può essere rinviata; inoltre, la seduta del Collegio, in sede disciplinare, non è pubblica e le decisioni sono adottate senza la presenza degli interessati.


CONTENUTO DEL PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE

La deliberazione, in caso di pronuncia di pene disciplinari, va presa su fatti sicuramente accertati e non su convincimenti o sospetti.
Il provvedimento deve essere ben argomentato, deve illustrare puntualmente i fatti addebitati e, poi, essere congruamente e compiutamente motivato.
Vanno indicati gli articoli delle norme deontologiche violate. In sintesi, la decisione del Collegio deve contenere l'indicazione di:
 - Autorità emanante;
 - Professionista incolpato;
 - Oggetto dell'imputazione, contestazione degli addebiti ed elementi a discolpa portati dall'interessato;
 - Motivi su cui si fonda l'atto;
 - Dispositivo con la specificazione della sanzione inflitta;
 - Giorno, mese e anno in cui e stata pronunciata;
 - Sottoscrizione del Presidente e del Segretario.


SANZIONI DISCIPLINARI

Le pene disciplinari che il Collegio di Disciplina può pronunciare contro gli/le iscritti/e nell'albo, sono:
a) L’avvertimento
b) La censura;
c) La sospensione dall'esercizio della professione per un tempo non maggiore di sei mesi e di due anni nei casi previsti dall’art. 6 della Legge 47/1985;
d) La cancellazione dall'albo.
L’ avvertimento consiste nel dimostrare al colpevole le mancanze commesse e nell'esortarlo a non ricadervi. Esso è dato con lettera del Presidente su delega del Collegio. La censura è una dichiarazione formale delle mancanze commesse e del biasimo incorso ed è notificata all'iscritto per mezzo dell'ufficiale giudiziario. Le sanzioni di sospensione dall'esercizio della professione e di cancellazione dall'albo, a seguito del provvedimento disciplinare per motivi deontologici, comportano la cessazione dell’attività professionale in corso. Nel caso di sospensione dall'esercizio professionale la decorrenza può, di norma, salvo casi di particolare gravità, essere fissata, con la stessa deliberazione consiliare, a partire dal trentesimo giorno successivo alla scadenza del termine stabilito dalla normativa vigente per la presentazione del ricorso ovvero, in mancanza di quest'ultimo, a partire dal trentunesimo giorno dalla notifica. In tal modo il Consiglio Nazionale verrà posto in grado di decidere tempestivamente, prima dell’esame nel merito del ricorso, sulla istanza di sospensiva avanzata dal ricorrente, ovvero di disporre, eccezionalmente, la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato. Tali casi eccezionali devono essere limitati a quelli: di consapevolezza del tutto palese o riconosciuta dall’incolpato, di comportamenti scorretti che potrebbero continuare durante la sospensione della sanzione (come nel caso di direzione lavori svolta in condizioni di incompatibilità).
È opportuno che, a garanzia dell’imparzialità dell’azione disciplinare, i Consigli di Disciplina adottino, per l’attuazione della soluzione suggerita, una deliberazione di carattere generale - da portare a conoscenza di tutti/e gli/le iscritti/e all’Albo - con la quale viene stabilita, nei limiti suddetti, la posticipazione della decorrenza della sanzione della sospensione dall'esercizio professionale, salvo casi eccezionali per i quali il diniego della posticipazione dovrà essere adeguatamente motivato caso per caso. Ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 24.11.1971 n. 1179, su domanda dell'interessato/a, il C.N.A. può sospendere l’ esecuzione dell'atto impugnato per gravi motivi. È ammessa la domanda incidentale di sospensione dell'efficacia della decisione disciplinare in applicazione analogica della previsione processuale contenuta nell’art. 21 della legge n.1034/1971Le sanzioni diventano definitive quando non venga presentato ricorso nei termini prescritti o nel caso in cui esso sia respinto dal C.N.A.
Nel caso di condanna alla reclusione e alla detenzione, il Collegio, a seconda delle circostanze, può eseguire la cancellazione dall'albo o pronunciare la sospensione; quest'ultima ha sempre luogo ove sia stato emesso ordine di custodia cautelare e fino alla sua revoca.
Qualora si tratti di condanna che impedirebbe l'iscrizione nell'albo, è sempre ordinata la cancellazione dal medesimo.
Nei casi di sospensione obbligatoria e di condanna che impedirebbero l'iscrizione, i relativi provvedimenti sono adottati dal Consiglio di Disciplina, d'ufficio, senza attivare apposito procedimento disciplinare.


IL CONSULENTE TECNICO CTU

Per quanto riguarda la responsabilità sotto il profilo disciplinare, il/la consulente tecnico/a può esservi assoggettato non solo in quanto facente parte del proprio Ordine professionale, ma anche nella sua veste di iscritto/a allo specifico albo dei consulenti tecnici. La disciplina e le varie procedure sono indicate negli articoli 19,20 e 21 delle Disposizioni per l'attuazione del Codice di procedura civile. In particolare, ed in base all'art.19 dispo. att. c.p.c., la vigilanza sui consulenti tecnici viene esercitata dal Presidente del Tribunale, il quale ex officio o su istanza del Procuratore della Repubblica o del Presidente dell'Ordine professionale, ha il potere di promuovere un procedimento disciplinare contro i/le consulenti che non si siano attenuti/e ad una condotta morale e professionale specchiata o che non hanno rispettato gli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti. Competente per il giudizio disciplinare è lo stesso Comitato che decide sui/lle professionisti/e da ammettere nell'albo dei/lle consulenti tecnici/che. Il Comitato suddetto, ai sensi dell'art. 13 delle disp. att. c.p.c., è presieduto dal Presidente stesso del Tribunale ed è composto dal Procuratore della Repubblica e dal Presidente dell'unione dei Professionisti ed Artisti, o meglio dai vari rappresentanti degli Ordini e Collegi professionali. Prima di promuovere il giudizio, il Presidente del Tribunale contesta l'addebito al/la consulente, raccogliendone la risposta scritta. Qualora il Presidente stesso ritenga dover continuare il procedimento, invita il/la consulente davanti al comitato disciplinare, il quale, sentito il/la professionista, prende la sua decisione. In caso di verdetto negativo, è ammesso reclamo entro quindici giorni dalla notificazione al Comitato costituito dal primo Presidente della Corte di Appello, dal Procuratore generale della Repubblica e da un Presidente di Sezione. Questo Comitato, a seconda della gravità della mancanza, può confermare le sanzioni disciplinari dell'avvertimento o della sospensione dall'albo dei consulenti per un periodo non superiore ad un anno, o, infine, della cancellazione dall'albo dei consulenti.



MOROSITÁ